Il «fallimento» nel suo «etimo concettuale»
L’origine etimologica del termine «fallimento», di primo acchito, potrebbe fare pensare a qualcosa di farraginoso, e quindi di confuso, scomposto, di non coerente o di «non lineare»; di profonda sofisticazione «colposa» o «dolosa».
Di fatto però, la sua interna struttura giurisprudenziale e legislativa, evidenzia, de iure condito, elementi di soggettività giuridica prevalente, quali l’imprenditorialità (a fini di lucro o non) quanto l’effettiva oggettività espressa in termini patrimonialistici, stricto sensu o lato sensu.
La problematica soccombente a una tale giuridica soggettività o oggettività, si mostra palesemente realistica e permiabile, nei suoi elementi sostanziali.
La caratterizzazione tematica del «fallimento», difatti, curata con dovuta meticolosità attraverso gli interventi legislativi del 2017 e del 2019, sottolinea e sintetizza la presupposta «concretezza» di multisfaccetata concettualità del medesimo.
Tale sensibilizzata «concretezza» quanto la sua dinamica giuridicità, sopraggiungono attraverso una presunta insolvenza del debitore, un presunto esercizio di attività commerciale, artigiana o agricola, il sovraindebitamento, l’imputabilità di un centro d’interessi principali del debitore, le misure protettive, le misure cautelari, la classe creditoriale.
Tali elementi di compiuta «concretezza», certamente non sminuiscono la multisfaccettata concettualità caratterizzante la definizione di un simile istituto giuridico.
Fondamentalmente, ciò va a circoscriverne i suoi stessi contorni di corporeità concettuale, la sua stessa consistenza, quanto il delinearsi di un punto focale d’origine da cui fare scaturire essenzialmente, e precipuamente, un’intrinseca e soddisfacente funzionalità di status, in qualità di valenza giuridico-patrimoniale soccombente a una condizione di disfacimento causale, o più propriamente di stallo nella crescita e nel consolidamento di un’attività.
Ciò conduce, al palesarsi di un c.d stato di insolvenza, il quale può colpire sfavorevolmente la vita pregressa di un’impresa, ingenerando quella che potenzialmente viene a definirsi come crisi economica e di sviluppo della medesima.
La recessione economica cui va incontro l’attività imprenditoriale suddetta, diviene così essa stessa insolvibilità finanziaria e conseguente decadenza commerciale.
Al verificarsi di tali suddette condizioni, può essere necessario intervenire attraverso la promozione di un’azione esecutiva.
Esecutiva, ovvero atta ad essere eseguita, qualcosa quindi di operativo, e atto al contempo stesso a produrre determinati effetti.
Se passiamo dall’aggettivo esecutivo al sostantivo femminile esecutività, insito in tale su citata e presuntiva azione, la tensione del significato di questa operosità, solerzia e sollecitudine, realizza in tale contesto di analisi, la «condizione d’un atto o d’un provvedimento giurisdizionale cui ci si può dare immediata esecuzione».
Quali le possibili condizioni di «risanamento», relativamente ad un sopraggiunto «stato d’insolvenza», sollecitate attraverso il decreto legislativo n. 14/2019, quanto nella pregressa legislazione codicistica?
L’articolo 2221 del codice civile, in materia di fallimento e di concordato preventivo, sancisce che :
«Gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori, sono soggetti, in caso di insolvenza, alle procedure di fallimento e del concordato preventivo, salve le disposizioni delle leggi speciali.».
Ciò suddetto, non può chiaramente prescindere in maniera forzosamente consequenziale (ovvero d’autorità) dal dare attuazione a un processo espropriativo speciale, e in termini di c.d. continuità nella esplicitazione delle implicazioni che comporta il termine fallimento.
Il fallimento, pertanto consta di interventi di espropriazione o di escussione forzata, ovvero di provvedimenti segnatamente giudiziali, i quali sostanzialmente privano di ciò che è proprio colui che pecca di insolvenza, laddove si manifestano condizioni di protratta insolvibilità.
Ciò supposto, comporta necessariamente l’attivazione delle c.d. procedure concorsuali tese a tutelare gli interessi dei creditori, quanto a determinare le disposizioni ordinate dal giudice a quo, e quindi per decreto, l’incapacità legale del soggetto passivo interessato dall’avvio della procedura fallimentare in oggetto.
Sostanzialmente trattasi di una sostenuta bivalenza concorrenziale di ordine procedurale, la quale va a sancirsi fra:
- l’esecutività dell’azione conseguente alla dichiarazione di fallimento;
- il SISTEMA PROCEDURALE attraverso cui l’ESECUTIVITÀ dell’AZIONE giudizialmente transita, proponendosi in qualità di PROCESSO ESPROPRIATIVO SPECIALE.
L’esecutività del carattere eminentemente espropriativo appartenente al sistema procedurale in materia di fallimento, gioca un ruolo essenzialmente primario relativamente a ciò che può essere significativamente definito, procedura concorsuale.
Una procedura concorsuale essenzialmente assegna valore di tipicità alla non omogeneità di scrittura del sistema fallimento.
Le procedure concorsuali di fatto evidenziano una connotazione trivalente, ossia:
- Fallimento in stricto senso;
- Concordato preventivo;
- Concordato fallimentare.
La sezione IV, del Capo II, Principi generali, del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155, in materia di giurisdizione internazionale, nel suo articolo 11 (ovvero di «Attribuzione della giurisdizione»), sottolinea che la giurisdizione italiana segnatamente alla regolamentazione di una crisi d’impresa e della relativa insolvenza, prevale, conformemente ai capisaldi convenzionali di natura europea o internazionale, allorquando il «debitore ha in Italia il centro degli interessi principali o una dipendenza». (comma 1).
Laddove difetti l’identificazione della giurisdizione di afferenza, dell’impugnazione per difetto di giurisdizione può avvalersene «chiunque vi abbia interesse» ed «è sempre ammesso il ricorso per cassazione». (comma 2).
Conformemente a ciò, l’articolo 11 di tale legge va ad integrarsi con la fattispecie dell’articolo 51 della medesima, in tema di impugnazioni.
Il comma 3, dell’articolo su citato, conclude sancendo che:
«La giurisdizione italiana di cui al comma 1 sussiste anche per le azioni che derivano direttamente dalla procedura».
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