Il «reato» di riciclaggio nel «gaming».
In Italia, attraverso il decreto legislativo n. 125 del 4 ottobre 2019, è stata giuridicamente, e legislativamente recepita la c.d. V direttiva europea, ovvero la direttiva n. 843 risalente al 30 maggio 2018, in materia di «riciclaggio» e di contrasto al «finanziamento del terrorismo», a cura del Parlamento europeo e del Consiglio europeo.
L’articolo 1 del codice penale italiano, concernente la materia dei reati e delle pene, quanto le relative disposizioni di legge ad essi riferibili, afferma che :
«Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite.».
L’articolo 16 del medesimo codice, pronunciandosi in materia di leggi penali speciali, sancisce che:
«Le disposizioni di questo codice si applicano anche alle materie regolate da altre leggi penali, in quanto non sia da queste stabilito altrimenti.».
La dottrina penale poi, concorda nel definire formalmente ciascuna forma di reato nei seguenti termini giuridici generali, asserendo che, è:
«reato ogni fatto previsto come illecito da una norma penale che appartenga all’ordinamento che si considera.».
Ciò supposto, si può ragionevolmente mettere in rilievo che la lotta al riciclaggio e il contrasto al finanziamento del terrorismo, presuppongono, sensibilmente, l’intervento dello Stato di diritto, attraverso un’apposita normazione di diritto positivo, che potenzialmente sanzioni gli elementi soggettivi e oggettivi dell’illecito da regolamentare.
Il disciplinare europeo, così come la stessa legislazione italiana in materia, s’informa propriamente a ciò che soggettivamente e/o oggettivamente possa attivare una determinazione dolosa di circolazione materiale o immateriale (ovvero virtuale) di danaro, o un parallelo finanziamento di atti illeciti di natura terroristica.
Il «reato» di riciclaggio nel «gaming», sostanzialmente, viola l’assetto pubblico di diritto di uno Stato, segnatamente all’ordinamento giuridico di tale Stato, quanto negli stessi confronti della comunità verso cui lo Stato medesimo si fa persona pubblica titolare di obblighi collettivi, di ordine e di legalità.
Tra gli illeciti qualificabili in tema di riciclaggio nel gaming, sono evidenziabili i seguenti reati:
- il reato del multi-accounting, laddove si rinviene ad una mera sofisticazione delle piattaforme web di gioco, al fine di favorire il riciclaggio di danaro attraverso lo studiato metodo dell’impiego delle alias (ovvero dell’identificazione dell’utente in operazione di registrazione) diversificate e numerose, al fine, come noto, di aumentare le probabilità di vittoria nel gioco;
- il reato di chip dunpimg, ovvero il trasferimento fraudolento di denaro illecito attraverso il pagamento di una commissione di circa il 10% da versare ai gestori del gioco, sottoforma di una falsata legalità.
L’azione normativa di prevenzione in qualità di disciplinare in materia di riciclaggio, può contemperare di fatto e in diritto una tutela risarcitoria? In ordine a quali elementi? Riciclaggio e ricettazione, sono passibili di contemperazione?
La direttiva europea n. 843/2018, tra le sue finalità prevede la maggiore trasparenza relativamente ad operazioni che comportino l’immissione di denaro internamente a canali di natura finanziaria, in ambito nazionale, europeo o internazionale, e la protezione di una migliore riorganizzazione e tutela dei flussi finanziari in entrata e in uscita dai paesi dell’Unione Europea.
Ciò va ad interessare, secondo tale direttiva, essenzialmente le società, i trust e i restanti soggetti giuridici; e comporterà altresì in maniera parallela un maggiore e più consistente contrasto al finanziamento dei gruppi terroristici, quanto ad un migliore e più profondo giuridico, economico e amministrativo fruttifero allineamento degli Stati in ambito propriamente europeo.
Una regolamentazione salva Stati, in qualche modo, di natura economico-finanziaria, atta a interloquire in maniera predeterminata, nella salvaguardia del benessere finanziario operativo presente e futuro, coinvolgente il territorio giuridico nazionale, europeo, e internazionale.
La problematica del riciclaggio di danaro nel settore del «gaming», viene contestualizzata così, internamente all’elaborazione di apposite misure di prevenzione, e di contrasto a presunte infiltrazioni di natura illecita.
Come noto, in dottrina, se ne sottolinea sistematicamente, la rilevanza e la consistenza in termini di «danno» a ciò conseguente. La prerogativa del danno manifestamente riscontrabile ed evidenziabile è di ordine sostanzialmente patrimoniale. Secondo la dottrina Salvi, il danno è esso stesso presupposto e contenuto della tutela risarcitoria d’inerenza; una tutela risarcitoria che a fronte di diversificate disquisizioni dottrinarie in materia, si mostra aderente e partecipe della declinazione codicistica in materia di danno risarcibile ai sensi dell’articolo 2043 c.c..
Gli articoli 189, 190 e 190 bis del codice penale qualificano i mezzi probatori dell’indagine preliminare giudiziaria, e il principio di «legalità probatoria», cui essa è sottesa.
In materia di riciclaggio il riferimento codicistico è l’articolo 648-bis del codice penale, il quale sostiene che compie delitto di riciclaggio:
« …chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa ….».
La sezione II della Cassazione penale, si è pronunciata in merito, il 26 febbraio 2019, con la sentenza n. 8473, intervenendo su un riscontro di natura oggettiva relativamente ad una peculiare attenzione da porre in punta di diritto sulle linee di demarcazione esistenti nella configurazione del reato di riciclaggio e di quello di ricettazione. Due profili di natura delittuosa che potrebbero interagire in relazione ad una profilassi delittuosa di natura complessa e parimenti concorsuale nella determinazione del rilievo dell’indagine probatoria di merito.
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