La tutela del diritto al «lavoro» nei principi costituzionali e nella regolamentazione di natura sovranazionale «europea»
Il «diritto al lavoro» è giuridicamente collocabile nel nostro ordinamento costituzionale, in qualità di necessario e inderogabile adempimento di «tutela e promozione sociale», da imputarsi a favore dell’individuo, stricto sensu, attraverso un ordine costituzionale precostituito, nella libera espressione della personalità di tale stesso individuo, quale titolare di diritti inviolabili e di correlate libertà fondamentali da salvaguardare e proteggere, in ambito nazionale, europeo e internazionale.
L’«effettività» e la «certezza» insite in tale «diritto» sono chiaramente riconoscibili nel testo del seguente articolo 4 della Costituzione italiana :
«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».
La «Carta dei diritti fondamentali» dell’Unione Europea interviene anch’essa in materia di promozione, tutela e salvaguardia di tale stesso «diritto», attraverso il corpus iuris dell’articolo 15, ovvero, segnatamente alla «Libertà professionale e diritto di lavorare», secondo il cui comma 1:
«Ogni persona ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata.».
E’ evidente che l’orientamento di tale «Carta» sia pienamente in linea con le prescrizioni costituzionali insite nel nostro ordinamento di diritto.
L’articolo 15 della «Carta dei diritti fondamentali» dell’Unione Europea, è sostanzialmente correlabile a quanto giuridicamente disposto attraverso l’articolo 156 del «Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea», il quale afferma che :
«….la Commissione incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri e facilita il coordinamento della loro azione in tutti i settori della politica sociale …, in particolare per le materie riguardanti:
l’occupazione,
il diritto del lavoro e le condizioni di lavoro,
la formazione e il perfezionamento professionale,
la sicurezza sociale,
la protezione contro gli infortuni e le malattie professionali,
l’igiene del lavoro,
il diritto di associazione e la contrattazione collettiva tra datori di lavoro e lavoratori. …».
Una saliente «oggettività», quella in materia di articolo 156 del TFUE, il quale in materia di tutela e salvaguardia del diritto al lavoro, si rende sapientemente compartecipe del predetto articolo 4 della Costituzione quanto dell’articolo 2 del «Trattato sull’Unione Europea», secondo cui:
«L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una sociètà caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.».
I valori di democrazia, dignità, libertà, non discriminazione, giustizia, solidarietà e parità tra uomini e donne, costituiscono piena e necessaria «determinazione» di quel diritto al lavoro contemplato nel corpus iuris dei citati articoli: 4, della Costituzione italiana; 15, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea; 156, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
La «fluidità» delle disposizioni legislative, in qualità di «misure emergenziali» poste in essere a seguito della pandemia batteriologica da Sars-CoV-2, quali garanzie consente in materia di ammortizzatori sociali salariali?
La «fluidità» degli interventi legislativi d’emergenza in materia, si sono incanalati nello specifico nel dare luogo allo sviluppo di misure di «sostegno al reddito».
Il decreto legge del 16 giugno 2020, n. 52, legifera segnatamente in riferimento ai c.d. trattamenti di integrazione salariale, di proroga nei termini in materia di reddito di emergenza e di emersione dei rapporti di lavoro.
I punti salienti sono i seguenti:
1)consentire alle imprese un graduale riavvio dell’attività produttiva attraverso l’erogazione continuata degli ammortizzatori sociali previste dalle vigenti disposizioni di legge;
2)garantire un maggiore, e quindi, un più esteso arco temporale di disponibilità, nel rendere fruibili i benefici del Reddito di emergenza (o Rem);
3)garantire ai cittadini l’emersione da situazioni di rapporti di lavoro irregolari attraverso delle apposite c.d. domande di emersione.
Quest’ultimo punto, è sostanzialmente di rilievo, poiché stringente ai sensi delle negoziazioni irregolari di lavoro, ma nondimeno nel rilascio del permesso di soggiorno temporaneo in particolare per quei lavoratori, italiani e stranieri, impiegati nei settori dell’agricoltura, della cura della persona e del lavoro domestico.
Tale materia è regolata altresì ai sensi dell’articolo 103 del decreto legge del 19 maggio 2020, n. 34, relativamente a misure urgenti in tema di salute, di sostegno al lavoro, all’economia, di politiche sociali.
In tema di sostegno al lavoro, viene prescritto l’incremento delle misure a sostegno della genitorialità; la semplificazione del contratto a termine; la promozione del lavoro agile; l’estensione del divieto di licenziamento collettivo e individuale.
In materia di emersione dei rapporti di lavoro, stricto sensu, il riferimento è il su citato articolo 3 di tale decreto, la cui finalità di regolamentazione viene sintetizzata nei seguenti due punti :
1)«garantire livelli adeguati di tutela della salute dei singoli e della collettività intera, in conseguenza dell’emergenza sanitaria connessa alla diffusione da contagio da Covid 19»;
2)«favorire l’emersione dei rapporti irregolari.».
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